GIORNO 1

Non avrei saputo immaginare che in una domenica di numeri palindromi mi si sarebbero aggrovigliate le budella perché, sì, avevo terminato e chiuso le mie valigie per Sanremo. L’entusiasmo è grande e grande è l’emozione per questa avventura ma io oramai so come fare a gestirmi il cuore, a controllare il respiro, me lo invento anche quando manca (da buona asmatica) eppure il corpo, il corpo sa parlarti e lungo la strada verso la riviera mi si è chiuso lo stomaco come una porta blindata a tripla mandata. Se solo potessi tornare indietro e raccontarlo a quella bambina che in quinta elementare scrisse nel tema in classe “voglio andare al Festival di Sanremo”… chi l’avrebbe mai detto che la vita, la mia ostinazione, i miei talenti, questa voce, mi avrebbero portata qui dove hanno cantato i più grandi, da settant’anni a questa parte. Così, d’improvviso, la finestra sul golfo, quella della mia stanza d’albergo, sembra tutto quello di cui avevo bisogno, vedere il mare a perdita d’occhio e proiettarmi nel domani.  Questa città di mare mette in pausa la mia nostalgia, mi fa sognare nel futuro e incrociare continuamente le dita e mai avrei potuto crederlo.  Trovarsi qui, nel mezzo della storia della musica italiana, è qualcosa che rende piccoli e grandi al contempo e mi restituisce l’emozione di sentirmi parte di una collettività.  In mezzo a voi non sono sola, nei miei racconti, nelle mie composizioni. E nonostante abbia costruito passo passo, in una sorta di semisolitudine e con grande dedizione la mia strada, mi guardo intorno, tra una festa e un brindisi di benvenuto, tra le fragilità e la bellezza degli altri artisti, tra microfoni e giornalisti, tra camere da presa e macchine fotografiche e mi dico “Dovremmo vederci più spesso”.

GIORNO 2

Non è sempre tutto rose e fiori. La prima alba sanremese prosegue con l’entusiasmo dell’arrivo nonostante il sonno breve e disturbato. Per aiutarmi a rimanere concentrata mi ripeto che di palchi ne ho caricati parecchi e che so come si fa, so come deve andare. So come andrà. Falso. Nulla di più sbagliato. Perché ad ogni gradino che salirai per arrivare fin sù, grida una voce dentro; ad ogni gradino che scenderai per arrivare fin giù “sulla stella rossa” dove in molti ti aspettano da tempo, ti aumenterà il battito cardiaco, ti diminuirà il respiro e la secchezza delle fauci sarà tutto quello che cercherai di combattere. L’unica cosa che potrà salvarti sarà la forza del tuo istinto superiore. Quello che, oltre ogni complicazione fisica, oltre qualsiasi imprevisto, ti farà arrivare alla fine della tua corsa, come un atleta in una corsa ad ostacoli, dritta al traguardo, lasciando indietro tutti i mostri interiori che ti avevano detto che non ce l’avresti fatta. E sono solo le prove. Il tappeto rosso, poi, è un bagno di folla ,lungo come una serpentina infinita fino al palafiori, tra grida, foto, rituali, tradizione, con in mano un mazzo di fiori belli, anemoni, piccole peonie, ranuncoli. L’ho regalato a una donna che non lo voleva… la vita a volte è ingiusta.Stasera cantando per la prima volta TIKIBOMBOM vorrei soltanto divertirmi, allontanando la retorica dell’emozione, e comunicare a tutti che abbiamo davvero qualcosa di speciale da difendere, anche soltanto un mazzo di fiori.

GIORNO 3 

Mentre mi leggete avrò già cantato.
Ma qui il sole è ancora alto e la mia prima esibizione sembra troppo lontana.
A Sanremo il tempo non passa, tutto accade e non segue il cadenzare lento o veloce del tempo, accade oltre ogni dimensione.
Sono qui da domenica e mi sembra di aver salutato casa mesi fa. Cosa succede in questo tratto di costa? La musica ci sospende dentro una bolla senza regole? Forse.
Così in questa attesa Beckettiana ho guardato col fiato sospeso la prima serata del Festival cercando di capire tutto quello che non dovrò fare stasera, che non ricorderò di non dover fare stasera e di cui mi pentirò stasera. Con gli occhi assorbiti dallo schermo cerco messaggi nelle canzoni, sonorità nuove, esibizioni potenti. Le trovo. Le scovo. Mi emoziono… ma a farlo è il messaggio importante letto da Rula Jebreal, importante e necessario da sottolineare, da ricordare, nonostante sembri retorica ne abbiamo ancora tutti bisogno. Mentre Rula si commuoveva mi commuovevo anche io e sapevo che a farlo non era il modo in cui stava affrontando il suo discorso, non erano le parole che aveva scelto per farlo… erano le motivazioni. Le sue motivazioni, vere, forti, vissute… erano più potenti di ogni parola ben scelta.
Ho pensato alle mie motivazioni, quelle che mi hanno spinto fin da piccola a lottare per questo sogno, per la musica, vera necessità. Ho capito perché sono in questa bolla senza tempo, perché ho la responsabilità di raccontare una storia vera. Come sempre. Per sempre.

GIORNO 4

“Si può dare di più” mi ripeto un istante dopo aver lasciato il palco dell’Ariston per raggiungere le quinte ed essere inghiottita dalle domande del giornalismo, mai sazio di sapere come stai prima dopo e durante il tuo “momento”. A ogni risposta cerco di convincere i miei interlocutori che avrei potuto dare di più se solo quel palco fosse meno crudele nel ricordarmi puntualmente la sua grandezza nonostante le dimensioni microscopiche del teatro. Decido di essere vento durante l’esibizione (decido di essere vento sempre) e non farmi condizionare da tutta quella serie di imprevisti di cui avevo tenuto conto e di cui nessuno ormai parlava più in camerino perché gli ostacoli principali da superare erano diventati le scale e il respiro. Affrontate con scioltezza le prime e misurato il secondo ho combattuto contro un top che dal primo istante della canzone ha deciso di abbandonarsi alla forza di gravità e a tenerlo in alto il mio istinto di sopravvivenza ora non più concentrato solo sull’esibizione ma anche al terminarla egregiamente senza colpi di scena, ‘ché non avrei saputo replicare la bellezza di Achille Lauro. Messo a tacere il mio giudice interiore, il più cattivo, il più crudele, il più cinico (altro che pagelle sanremesi), mi sono perdonata per aver detto a me stessa fino alla fine della notte che avrei potuto dare di più, perché io avevo dato di più, oltre ogni imprevisto, anche quelli invisibili agli occhi. E invisibile è il futuro che non posso prevedere ma che voi conoscerete già considerando che vi parlo dal passato (giovedì) e che avrete scoperto quanto di più daremo stasera io, Francesca Michielin e Maria Antonietta e quanto sarà bello MAGMAMEMORIA MMXX, in uscita proprio il 7 febbraio.

 

GIORNO 5

Da una stanza della riviera che, nonostante la stanchezza, rimpiangerò un po’ appena tutto questo sarà finito, in uno dei rari (e brevi) momenti di pausa da questa frenetica avventura, mi rendo improvvisamente conto di essere arrivata qui domenica scorsa, quasi una settimana fa, che sembra in realtà un anno o addirittura una vita intera se penso alle esperienze vissute e alle emozioni provate. Sul mio letto c’è una copia del mio disco Magmamemoria MMXX, uscito oggi. Lo guardo e ripeto a me stessa che non devo mai dimenticare che questo è un sogno che ho realizzato e continuo a realizzare giorno dopo giorno. Questo disco è un altro tassello fondamentale del mio percorso, un altro tratto di strada in salita, di fatica e soddisfazioni. Anche questo Festival ha un’impronta indelebile sulla mia memoria e mi rendo conto che è un pezzo importante di quel puzzle che possiamo chiamare vita. La finale di Sanremo è alle porte e mi sembra surreale dover mettere piede su quel palco solo per un’altra, ultima serata. Succede così, quando ti abitui a qualcosa e viaggi alla velocità della luce qualcuno bruscamente tira il freno a mano, sei costretto a fermarti e a pensare a come ripartire. Le interviste, le foto, il riposare e riscaldare la mia voce, il prepararmi (dentro e fuori) per salire lassù e cantare, entrando nelle case di così tante persone, sono stati paesaggi bellissimi da ammirare lungo questo tratto della corsa. Tiro il freno a mano, il pensiero torna improvvisamente dal passato al presente per poi proiettarsi al futuro. Io, seduta sul mio letto di un hotel a Sanremo, mi dico: “Claudia, continua ad avere il coraggio di inseguire e realizzare i tuoi come hai fatto fino a qui.”